Movimento 1: Dadaismo
Il cuore a gas
di Tristan Tzara
Rumore bianco teatrale, così è stato definito “Il Cuore A Gas”, capolavoro del teatro dada scritto da Tristan Tzara e rappresentato per la prima volta, in pieno contrasto con le convenzioni e gli accademismi del suo tempo, nel 1921 a Parigi.
I personaggi, Occhio, Bocca, Orecchio, Naso, Sopracciglio e Collo vivono, dialogano ed interagiscono all’interno di un mondo irreale, fuori dal tempo e dallo spazio.
L’autore stesso descrive la sua opera come una commedia ed in effetti della commedia ha gran parte delle caratteristiche, da una discreta ed intelligente comicità all’immancabile lieto fine.
L’unico problema, se di problema si può parlare, è che il testo in questione non ha una narrazione chiara, che la storia, di fondo, sembrerebbe non esistere e che i dialoghi sono apparentemente sconnessi e privi di qualunque logica.
Si potrebbe, in effetti, parlare di non-sense, ma risulterebbe limitativo, visto che Tzara è riuscito a scrivere qualcosa che, più che non avere un senso, è in grado di accogliere qualunque senso: rumore bianco teatrale, appunto.
L’interpretazione di Hangar Duchamp prevede anzitutto l’aggiunta ai personaggi originari di Didascalia, una personificazione delle geniali note a margine dello stesso autore, ed ha a che fare con la ricerca della felicità in un mondo che non concede spazio alla libertà, inquadrando ogni esistenza in uno schema definito e convenzionale al quale aderire senza alcuna possibilità di scelta.
I personaggi vengono interpretati come esseri privati (un po’ per destino e un po’ per decisione personale) della funzionalità legata al proprio nome, per autodifesa ma forse anche come una forma di timida autoaffermazione.
Tutto sembra destinato alla noia, alla ripetitività senza senso, all’accettazione silenziosa della propria nullità, a meno che qualcuno non decida di ribellarsi, ad esempio innamorandosi, portando quindi una ventata di sana irrazionalità ed incoerenza all’interno di questo mondo così monotono e straniante.
Ecco allora che un grido di libertà scardina i meccanismi esistenti e mostra ad ognuno quanto, molto spesso, la propria infelicità sia causata da costrizioni e limiti masochisticamente autoimposti.
“Si tratta dell’unica e della più grande truffa del secolo in tre atti.”









Rassegna stampa
All’interno di una messinscena potente e ricca, i contorni delle atmosfere dadaiste restano ben definiti e vividi in una rappresentazione costruita con una precisione che riesce ad inventare un senso per l’insensato.
Gabriele Amoroso, Brainstorming Culturale
Alla fine si rimane con un senso di disorientamento.
Si può dire che sia un’avventura teatrale estremamente diversa rispetto al solito.
La performance degli attori è bellissima e avvolgente. Bisogna cercare di entrare nell’esperienza performativa e apprezzare la confusione provata.
È un mondo di allucinazioni e sogni, dove non c’è posto per la realtà, così semplice e poco intrigante.
Il cuore a gas resiste dopo un secolo, nonostante i cambiamenti nel mondo dell’arte e del teatro.
Forse allora, essendo nato come una risposta ad una società opaca e rigida, se ancora oggi è così apprezzato, vuol dire che è la società a non essere cambiata poi così tanto.
Edoardo Vezzi, Quarta Parete
La messa in scena curata da Andrea Martella riesce a restituire l’irrazionalità del testo, con ironia e intelligenza; la mancanza di un significato preciso di un linguaggio che contiene una pluralità di significati;
la sofferenza per i limiti autoimposti, la paura di alzare la testa, ma anche la brama, una volta sconvolti dall’amore, di potersi avvicinare all’altro per creare un altro senso ancora che sia di partecipazione.
Flaminio Boni, Flaminio Boni – un posto in prima fila a teatro
Il modo migliore di porsi di fronte a quest’opera è non nutrire alcuna aspettativa, ma lasciare aperte le proprie percezioni, per un’ora di teatro, che non ha pretese paideutiche e riesce a raccontare delle sensazioni, stimolando domande negli spettatori.
Non è un rassicurante spettacolo “per tutti”. È per chi non teme lo stupore.
Miriam Iantaffi, Il Diretto
Si è sviluppata, nei
termini di cabaret sfrontato, lunare e impertinente, quella incontenibile
sarabanda sostenuta a gran ritmo da attori parsi tutti molto preparati, in
grado cioè di non perdere colpi né sul piano della verbosità tendenzialmente
simbolica e astratta dei dialoghi, né su quello di una fisicità sollecitata di
continuo da corse espressive ma estenuanti, così come da altri elementi di
clownerie. Il tutto per dar vita a una rappresentazione frastornante la cui
intrinseca comicità opera fuori dagli schemi, per portare a riflettere con
leggerezza sui comportamenti assurdi e innaturali generati in noi dalle
convenzioni borghesi.
Stefano Coccia, Sul Palco
Altri spettacoli

Le mammelle di Tiresia
A Zanzibar, rappresentazione della Francia di inizio Novecento, Teresa abbandona il marito, uomo greve e prepotente, per assumere un’identità maschile, lasciando volar via le proprie mammelle.
Si chiamerà Tiresia.
Il marito, solo e abbandonato, si troverà costretto ad assumere un’identità femminile per sobbarcarsi i compiti dovuti al ruolo di moglie e donna, compresa la maternità.
Metterà al mondo, in un sol giorno, 49.051 bambini.

Capitano Ulisse
Una visione di Ulisse filtrata dalla lente deformante di un grande artista ed intellettuale del Novecento. Scritto nel 1925 per l’effimero Teatro d’Arte di Pirandello, venne rappresentato per la prima volta solo nel 1938, in un clima che viene definito “ostile”.
Da allora, fino a oggi, il quasi totale oblio per un testo considerato minore tra gli scritti di questo prolifico autore.

Food Porn
In scena agiscono tre sorelle che sembrano aver perso ogni contatto col padre, imprenditore di successo nel campo della ristorazione, uomo di grande potere e di immensa ricchezza, grazie ad un impero costruito attraverso una gestione poco etica delle risorse ambientali e alla bassa qualità delle materie prime.
Tra loro fluttua una figura eterea, muta, leggera, che sembra in grado di riconnettere i ricordi e attraversare i confini del tempo e dello spazio.