Movimento 2: Surrealismo
Le mammelle di Tiresia
di Guillaume Apollinaire
“Per caratterizzare il mio dramma mi sono servito di un neologismo che sono certo mi vorrete perdonare, dato che raramente mi capita di crearne, e ho coniato l’aggettivo surrealista.”
(Guillaume Apollinaire nella Prefazione de “Le Mammelle Di Tiresia”)
A Zanzibar, rappresentazione della Francia di inizio Novecento, Teresa abbandona il marito, uomo greve e prepotente, per assumere un’identità maschile, lasciando volar via le proprie mammelle.
Si chiamerà Tiresia.
Il marito, solo e abbandonato, si troverà costretto ad assumere un’identità femminile per sobbarcarsi i compiti dovuti al ruolo di moglie e donna, compresa la maternità.
Metterà al mondo, in un sol giorno, 49.051 bambini.
L’uomo diventerà una madre ambiziosa, tanto da far innamorare un autoritario e virile Gendarme e da attrarre le attenzioni della stampa.
“Le Mammelle di Tiresia” può essere considerato l’atto iniziale del Surrealismo, visto che la stessa parola “surrealista” fu un neologismo coniato proprio da Apollinaire per descrivere la sua opera, caratterizzata da un testo pieno di riferimenti e sorprese linguistiche, tra mitologia e innovazione.
La regia di Andrea Martella interpreta la narrazione in modo fluido, spingendo sul pedale della comicità e della poeticità ed eleggendo a filo conduttore il mondo infantile, così ampiamente presente nel testo originale.
I due atti vengono uniti in un unico tempo nel quale ogni singola scena viene trattata come una mini performance a sé stante.
Ne viene fuori uno spettacolo progressive, per usare un termine musicale, in cui ogni idea ed ogni immagine sostituisce la precedente senza soluzione di continuità, come un quadro onirico pieno di dettagli che risulta quasi impossibile catturare con un solo sguardo.
Il sound engineer e produttore musicale Attila Mona lavora ad alcune tracce di ambientazione sonora che, nella loro ossessiva presenza, rappresentano quasi un immaginario personaggio in costante commento all’azione scenica.









Rassegna stampa
È realmente uno spettacolo spettacolare: suoni, rumori e commenti musicali;
parole, giochi di parole e non parole;
allestimenti scenici e artistici; salti, starnuti, capricci e sghignazzi; meravigliose danze psichedeliche di bambini adulti in piedi in un carrello del supermercato; tutto questo e molto altro vi faranno tornare a casa diversi da come eravate prima e probabilmente anche voi inizierete a usare le scarpe col tacco una sola alla volta – uomini o donne che siate, non fa differenza, in tutti i sensi possibili.
Marzia Fabretti, Il Foyer
Uno sberleffo al machismo ed un grido di emancipazione femminile, mai così necessario in tempi come questi in cui la recrudescenza medioevale si fa sempre più sfacciata e selvaggia.
Enrico Vulpiani, Saltinaria
L’ottima recitazione è la fetta portante di tutta l’opera: tutto il cast si esibisce in maniera corale e singola.
Si percepisce infatti una sinergia che si allinea all’eccellente lavoro svolto dalla Compagnia Hangar Duchamp.
Annalisa Civitelli, Brainstorming Culturale
Divertente e carico di energia salvifica per tutti, donne e uomini, single e in coppia!
Eliana Fortuna, Nouvelle Vague
Le mammelle di Tiresia sono piene di drammi che la regia di Martella fa uscir fuori con ironia, evidenziando l’«infantilità» del testo di Apollinaire.
Danila Scotton, Scenacritica
La Compagnia Hangar Duchamp ha saputo rendere ottimamente lo spirito irriverente del testo di Guillaume Apollinaire con una recitazione piena di brio e vezzi recitativi ricchi di humor, proponendo buonissime invenzioni sceniche.
Giacomo Piccoli, L’Arcolaio
La scommessa del regista Andrea Martella è stata vinta per ironia, spessore dei personaggi e creatività espressiva. Un valido lavoro che ha apportato quel tocco di aggressività e volume culturale aggiuntivo ad un testo già all’epoca innovativo e rivoluzionario.
Stefano Riccardi, PocketArt in Rome
Altri spettacoli

Il cuore a gas
Rumore bianco teatrale, così è stato definito “Il cuore a gas”, capolavoro del teatro dada scritto da Tristan Tzara e rappresentato per la prima volta, in pieno contrasto con le convenzioni e gli accademismi del suo tempo, nel 1921 a Parigi.
I personaggi, occhio, bocca, orecchio, naso, sopracciglio e collo vivono, dialogano ed interagiscono all’interno di un mondo irreale, fuori dal tempo e dallo spazio.

Capitano Ulisse
Una visione di Ulisse filtrata dalla lente deformante di un grande artista ed intellettuale del Novecento. Scritto nel 1925 per l’effimero Teatro d’Arte di Pirandello, venne rappresentato per la prima volta solo nel 1938, in un clima che viene definito “ostile”.
Da allora, fino a oggi, il quasi totale oblio per un testo considerato minore tra gli scritti di questo prolifico autore.

Food Porn
In scena agiscono tre sorelle che sembrano aver perso ogni contatto col padre, imprenditore di successo nel campo della ristorazione, uomo di grande potere e di immensa ricchezza, grazie ad un impero costruito attraverso una gestione poco etica delle risorse ambientali e alla bassa qualità delle materie prime.
Tra loro fluttua una figura eterea, muta, leggera, che sembra in grado di riconnettere i ricordi e attraversare i confini del tempo e dello spazio.